Le mie interviste

IN QUESTA SEZIONE SONO STATE INSERITE ALCUNE INTERVISTE CHE L'AUTORE HA REALIZZATO A TESTIMONI DELL'EPOCA DEI TRANSATLANTICI
 
  

MARIO MAGONIO
L'ultimo padre del REX

Intervista realizzata da Gaetano Anania
Genova - Quarto dei Mille - Febbraio 2006



Un dipinto del REX alla velocità di 30 nodi nell’Atlantico durante il viaggio record. La nave avrebbe vinto il Nastro Azzurro stabilendo il primato di 4 giorni, 13 ore e 58 minuti (16 Agosto 1933), battendo quello precedente del transatlantico Bremen ed entrando nella leggenda.
Il REX rimarrà imbattuto per due anni, confermandosi come nave più veloce e potente al Mondo…


 

Eccezionale. E’ questa la parola più giusta per definire Mario Magonio, genovese, classe 1909.La sua vita è lunga e densa di avventure che lo hanno portato a conoscere realtà e situazioni tanto differenti, a volte tragiche.

Ho voluto fortemente incontrare quest’uomo della cui vita ho in parte appreso dal libro di Ulderico Munzi “Il Romanzo del REX” al quale Magonio ha contribuito con la sua preziosa testimonianza.

Nell’incontrarlo non ho solo scoperto la vicenda più felice che lo lega al leggendario REX, ma anche quelle più tristi della sua esistenza da orfano e della deportazione in Germania durante la seconda Guerra Mondiale.

In questa sezione ho riportato la sua testimonianza riguardo la realizzazione del transatlantico, ma vivo è il mio invito a visitare il sito a lui dedicato e scoprire le altre vicende della sua vita straordinaria.

Voglio qui rinnovare il mio ringraziamento al figlio, Alberto Magonio, per aver reso possibile il mio incontro con suo padre.

Andiamo, dunque, a scoprire la preziosa testimonianza di Mario Magonio. Prima, però, ci tengo molto a dire che ho cercato di descrivere nel miglior modo possibile ogni attimo del nostro incontro e ogni emozione provata dallo stesso Mario nel ricordare il suo passato, affinchè tutti voi possiate immaginare al meglio questa straordinaria persona. Per me non era solo importante trasmettere i suoi ricordi, ma anche le sue espressioni e i suoi gesti.
 


Mario Magonio

 

Mi sono sforzato nel riportare i suoi pensieri così come lui me li ha raccontati nel suo impeto narrativo, senza voler apportare troppe modifiche e correzioni, che avrebbero ridotto il tutto ad semplice racconto cronologico degli eventi.

La sua vitalità è ciò che colpirebbe chiunque. Quando lo andai a trovare, era stato già informato di una mia imminente visita. Appena arrivato, chi gli era attorno non tardò a fargli capire che ero lì, pronto a viaggiare nel tempo con lui per tornare ancora una volta all’epoca del REX.

L’anziano signore (appresi solo in seguito che aveva problemi con la vista a causa della veneranda età) sembrò non capire subito che si trattasse di me e mi cercò con lo sguardo, anche se ero di spalle ad una soleggiata finestra e non sarebbe stato facile per nessuno focalizzarmi.

Poi, all’improvviso, la sua vivace espressione corrucciata dal dubbio, si rilassò e l’uomo spalancò gli occhi inarcando le bianche sopracciglia.

“Ah si si!” disse tutto contento e così dicendo prese subito il suo bastone con la mano destra. Senza nessuna esitazione, si alzò  in piedi velocemente e prese congedo dagli altri dicendo: “Questa è una questione importante!”.

Sembrava non stare più nella pelle. Non vedeva l’ora di raccontare ancora una volta la sua storia, non poteva più aspettare di tornare ancora sul REX.

Velocemente si diresse verso di me, facendosi avanti con il suo bastone, ed una volta arrivato, lo passò dalla mano destra alla sinistra e nello stringermi la mano, sorridendo si presentò: “Piacere, sono Mario.”

Nonostante l’età dalla sua persona si percepiva un grande carisma. Con estrema gentilezza, mi invitò a seguirlo e nel mentre non mancai di confidargli la grande emozione che provavo nel conoscerlo.

Lui, sicuro, si faceva avanti col bastone e ai miei complimenti diretti al suo grande passato, impercettibilmente alzava le spalle con grande umiltà e si limitava semplicemente ad annuire.

Finalmente arrivammo nella sua stanza, perché lui voleva tranquillità e silenzio per raccontare la sua storia, come mi aveva confessato precedentemente.

Mi invitò a sedermi e a mettermi comodo, e prima di fare altrettanto, mi porse un piccolo album fotografico dicendomi: “Così capisce meglio chi sono.”

Poi si sedette, incrociando le mani sul bastone perfettamente verticale e puntato di fronte a lui.

Con molta calma e guardando verso il basso, mi disse: “Cominci quando vuole con le sue domande, così io le rispondo”.

Attesi un attimo per cominciare, perché stavo guardando con interesse le foto.
 

 



Il REX in costruzione a Genova

 

Poiché non vedeva molto bene, mi limitavo a descrivere ciò che osservavo, e lui senza impiegarci troppo capiva a cosa mi riferivo e cominciava a parlarmene.

Molte catturavano momenti particolari della sua vita passata di grande maestro burattinaio ed anche attore di teatro. Poi, verso la fine dell’album, trovai una foto in bianco e nero.

Lui, ancora giovane, con baffi e capelli scuri, abbracciava una bella donna, vestita elegantemente di bianco e che indossava un grande cappello dello stesso colore.

Quando gliela descrissi, lui con un’espressione che tradiva nostalgia, disse: “Ah si….quella è mia moglie”.

Arrivai alla fine dell’album, per poi metterlo da parte.

Con grande emozione, mi accinsi a fare la prima domanda all’anziano Mario, totalmente conscio che da lì a poco quella stanza si sarebbe per noi trasformata in una vera macchina del tempo e avremo cominciato a viaggiare verso il passato…sino ai tempi del REX.

Mariò esordì: “Cominciai a lavorare nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente a soli 20 anni, proprio quando si iniziava ad impostare il nuovo REX.

Sono l’unico testimone vivente, l’ultimo che ricorda la posa della prima lamiera…” disse orgogliosamente alzando l’indice destro verso l’alto.

“Entrai nei cantieri come operaio specializzato, ovvero aggiustatore meccanico. Ero orfano ed ero cresciuto nel Collegio degli Artigianelli, e lì mi insegnarono questo mestiere.

Ricordo benissimo il mio primo giorno ai cantieri. Ciò che mi colpì subito furono i mille rumori dei martelli, il via vai dei lavoratori, i fischi delle locomotive.

In seguito, conobbi gli operai, uomini che non scorderò mai!” disse spalancando gli occhi.

“Nei miei occhi di ragazzo abbandonato…” continuò, rivolgendo i palmi delle mani verso l’alto e stringendo le spalle “…essendo vissuto in un collegio, ero stato sempre con giovani ragazzi che lavoravano con me. Ma ora avevo davanti uomini grandi grandi e muscolosi” disse, stringendo i pugni davanti a sé e chiudendo le braccia come a cerchio per dare un’idea della loro robustezza.

“Avevano dei grandi vocioni, che si diffondevano ovunque con la loro accento genovese. Nonostante questo, erano molto gentili con me e spesso mi aiutavano visto che ero praticamente un novizio.

Quel luogo e quegli uomini sarebbero diventati la mia famiglia.

Quelli che mi colpirono maggiormente furono i maestri d’ascia. Provenivano da Prà, Voltri ed Arenzano, ed avevano imparato il mestiere direttamente dai pescatori e dai maestri che costruivano i pescherecci.

Era incredibile come riuscissero a realizzare tutto ciò che riguardava la nave.

Facevano prima un modello in legno e poi costruivano il tutto con estrema precisione e senza esitazioni.



Il REX in navigazione a tutta forza.
 

A loro erano destinate le parti più delicate della nave, ovvero la poppa e la prua su cui venivano sagomate le lamiere e venivano poi costruiti via via dei castelli di taccate per mantenerle salde allo scafo.

E non sapevano né leggere e né scrivere…” aggiunse sorridendo, con un’espressione sempre orgogliosa che celebrava il lavoro di quegli uomini.

“Uno dei procedimenti più lunghi e faticosi era la rivettatura, che si svolgeva in quattro fasi.

C’era lo scaldachiodi, lo ricordo, era un ragazzo scalzo, che scaldava i chiodi fino a farli diventare bianchi. Poi c’era il passachiodi. Prendeva i rivetti roventi con una grossa pinza e lì inseriva nei fori.”

Nel raccontare, l’anziano signore ritornava sui quei luoghi e ridiventava operaio tra gli operai, anzi era come se fosse ogni operaio, era come se tutta la squadra di costruttori del REX rivivesse in lui.

Cominciò così ad imitare il passachiodi e sembrava che veramente avesse nelle mani quella pinza.

Mario stava ricostruendo il REX con i suoi compagni per l’ennesima volta, ma era come se fosse la prima.

“Poi c’era il tienichiodi. Con una grossa mazza di ferro teneva fermo il chiodo, mentre il battichiodi con un martello e lo schiacciava sino a farlo diventare come parte della lamiera.

Non ci passava un filo d’acqua ” disse alzando di nuovo l’indice destro verso l’alto.

“Il nostro era un lavoro pericoloso e di grande sacrificio, non potevamo permetterci di fare errori, perché questo voleva dire mettere a rischio la vita dei tuoi compagni” affermò in tono molto grave e guardando verso il basso, come se ricordasse la fatica di migliaia di ore di lavoro condivise con i compagni.

“ La giornata lavorativa era di circa 8 ore. Per costruire il nostro REX lavoravamo anche di notte. Avevamo solo un’ora di riposo, durante la quale consumavamo il semplice pasto che portavamo da casa.

Gli operai arrivavano a Sestri in bicicletta o in tram. Io abitavo lì…” smise di parlare per un attimo e poi, i piccoli occhi che scrutavano con difficoltà tutt’attorno, è come se si accesero dall’emozione.

“ La posa della prima grande lamiera del REX fu emozionante. Vidi la bandiera italiana poggiarsi su di essa ” e così dicendo, congiunse entrambi i pollici e gli indici delle sue mani esili, e le alzò in alto avvicinandole, per poi abbassarle ed allontanarle e disegnare nell’aria una sorta di strano triangolo, quasi come se stesse aprendo il sipario di un piccolo teatro.

Era come se stesse accarezzando quella bandiera, o meglio come se egli stesso la stesse poggiando sulla prima lamiera.

“ Ricordo i mille applausi, i fischi delle sirene…era un momento speciale per tutti, perché rappresentava l’inizio dei lavori sul REX …” concluse con entusiasmo.

 

A questo punto, Mario Magonio prese pochi secondi di pausa, durante i quali schiarì e riposò la sua voce sottile e lievemente rauca, la quale non aveva posato un attimo sull’onda dell’entusiasmante racconto.

“Oh!” esclamò. “Ora arriviamo al varo…” disse sollevando a palmi aperti le mani, come per chiedere silenzio in sala.

“La nave era sostenuta dalle taccate e dai puntelli e tenuta ferma con una lieve pendenza, necessaria per il varo.

Nei giorni preliminari, ad intervalli regolari, avevamo provveduto a demolire puntelli e taccate.

Quelli che rimanevano li avremmo tolti per ultimi, così da consentire al REX di scendere nel mare.

La madrina sarebbe stata la regina Elena, ed ero molto emozionato di poterla vedere”.

L’anziano signore si asseriò un attimo e poi continuò: “Il REX era una nave voluta da Mussolini. Ma non l’ho mai considerata una nave fascista!” disse, continuando con un cenno di dissenso.

“Noi operai eravamo fascisti solo per il lavoro, ma lo spirito era libero, era italiano! Non pensavamo al regime, ma all’Italia. Il REX era l’italianità! Era l’orgoglio dell’Italia, non del fascismo!” disse con tono deciso.

Poi tornò al momentò del varo. “Tra di noi parlavamo spesso del futuro del REX e dicevamo sempre che sarebbe stato più bello di qualunque altra nave costruita.

Ci ricordavamo del Sirio, sul quale a volte avevamo ascoltato una famosa canzone.

Al tempo stesso, non potevano non pensare con timore a quanto successo al Principessa Jolanda, il cui varo era stato tragico.

Non volevamo pensare al ripetersi di un evento così disastroso, ciò avrebbe vanificato i nostri sforzi e danneggiato l’immagine della nostra grande capacità di costruire navi.

Il REX era pronto. Lo scalo di varo era stato cosparso di sevo per diminuire l’attrito.




Gaetano Anania con Mario Magonio nel giugno 2006

 

Anche l’ultima parte di puntelli e taccate fu demolita, così la nave appoggiava direttamente sui vasi, sostenuti da leve, chiamate castagne.

Erano gli ultimi supporti a tenere la nave ferma. Il grosso della squadra di operai, ormai era rimasta senza impiego.

Si aspettava solo il varo della nave. Gli ultimi ad essere ancora determinanti, erano quegli operai distesi sotto la nave e che con colpi di mazza avrebbero dovuto levar via le castagne”.

Nella voce di Mario cresceva l’anzia e l’emozione. Aveva vissuto tutti i momenti della vita del REX e certamente quello era il più importante, il più delicato, il più difficile.

Ricordarlo, significa riprovare sempre le stesse emozioni. Si conservavano intatte, come cristallizzate nel tempo.

Il REX era pronto ancora una volta a scendere in acqua davanti ai suoi occhi puntati sull’oceano di una memoria vasta 97 anni.

“Mi ricordo il silenzio e la tensione che precedettero la discesa in acqua del REX.

Tra di noi ci scambiavamo gli ultimi cenni per dire che tutto era pronto e che la concentrazione doveva essere massima. Alle castagne vi erano gli operai più esperti, ma erano stati scelti non solo in virtù della loro competenza. Perché per varare una nave ci vuole del cuore, della passione e loro avevano queste caratteristiche ”.

A questo punto, Mario cominciò in maniera concitata e con il suo simpatico accento genovese a ricordare ad alta voce gli ultimi dialoghi tra gli operai prima della discesa in acqua del REX.

“Allora? Attenzione! Siete tutti pronti? E’ tutto a posto? Via la prima!...E così ogni operaio nel momento in cui demoliva la castagna lo gridava agli altri che in successione demolivano le altre. Anch’io ero alle castagne, ed ero molto emozionato ed orgoglioso.

Non potrò mai dimenticare la voce del sacerdote che si diffuse imperiosa in tutto il cantiere rompendo il silenzio che lì regnava: “In nome di Dio, taglia!”.

La regina Elena tagliò la cordicella con un’accetta di acciaio nichelato. Sentì il silenzio e poi all’improvviso il fragore vitreo della bottiglia che si rompeva sul duro scafo del REX.

La nave sembrò restare ferma, poi cominciò a muoversi sempre più velocemente, in una nuvola di fumo dovuta all’attrito, mentre il re fece il saluto militare. Fummo tutti avvolti dal sevo incandescente che si vaporizzava, lasciandoci intravedere però la nave che finalmente si avviava verso il mare. Il REX scappò in acqua. Come fummo felici in quel momento!” L’anziano Mario sorrise contento, mentre la nostalgia di quei momenti si avvertiva dai suoi piccoli occhi.

“Ci fu un applauso interminabile, grida di gioia e tanta esultanza. Vedere il REX in acqua era per noi come vedere un figlio compiere i primi passi, tutto era andato bene, e la paura che qualcosa andasse storto, la paura di morire, svanirono di colpo.

Il REX era la mia vita, mi immaginavo grande come quella nave, mi vedevo scivolare in acqua come lui…

Mi sentivo orgoglioso di essere italiano!”

 

Dopo un attimo di pausa, in cui approfittò ancora una volta per schiarire la voce, continuò: “La nave fu rimorchiata sino al porto. Partecipai alle fasi di allestimento finale del REX. I motori e le eliche, mi colpirono tanto per la loro imponenza.

Ma soprattutto ricordo la magnificenza degli ambienti interni. Erano incredibilmente sfarzosi e così vasti!” esclamò allargando le braccia e le mani improvvisamente.

“Percorsi quei saloni tantissime volte, e li ho qui ancora davanti agli occhi, in tutta la loro ricchezza! Il REX era la nave più elegante di tutte, non costruiranno più navi così…” disse in tono triste e sempre nostalgico.    

“Ebbi la fortuna di assistere alla partenza per il viaggio inaugurale. Il REX era tutto pavesato a festa. Le altre navi lo salutavano con le sirene ed il REX rispondeva a sua volta. Non potrò mai dimenticare quel suono…la voce del REX era così potente!” Così dicendo, chiuse gli occhi, come per concentrarsi e ricordare meglio, e più di una volta cercò di riprodurre quel suono. La sirena del REX suonava ancora una volta!

“Ricordo che la sirena era così forte che si diffondeva dal porto per tutta Genova, sino ai colli che la circondano. A quell’epoca si diceva sempre che c’erano due cose che battevano il tempo nella città: il cannone di Mezzogiorno e la sirena del REX quando lasciava il porto o tornava dall’America!

Purtroppo il tentativo di conquistare il Nastro Azzurro al viaggio inaugurale fallì per un guasto al motore!

Ma in seguito il REX ci riuscì e fu il successo di tutta l’Italia! Mussolini voleva fortemente che il REX stabilisse il nuovo record, perché non voleva piegarsi al dominio degli Inglesi e Tedeschi sugli oceani.

Così so che il capitano Francesco Tarabotto fece tutto il necessario per battere il precedente primato! Il REX avanzò con le macchine avanti tutta, senza sosta, anche nei momenti più rischiosi. Infatti, calò una fittissima nebbia proprio in quella zona dove solitamente ci sono gli icebergs. Ma fortunatamente la nebbia si diradò e la nave potè proseguire la sua corsa verso la vittoria. Fu un grandissimo rischio, ma ne valse la pena! Grazie alla vittoria del Nastro Azzurro, il mondo non faceva che parlare del REX e tutti finalmente furono a conoscenza della bravura italiana di costruire navi!”

 

Con molta emozione Mario continuò raccontando il ritorno del grande REX a Genova: “Il ritorno a Genova fu un vero trionfo…indimenticabile! Seguii il suo entrare in porto e andai sino a Ponte dei Mille. Quando vidi la nave avvicinarsi non potei che esclamare: “Che meraviglia!”. Come alla partenza, anche allora tutte le navi del porto salutavano il REX con le sirene, mentre i Garaventini facevano il saluto militare. Intanto le note della Marcia Reale si diffondevano in tutto il porto.

Ero orgoglioso di vedere il REX trionfante, con quel Nastro Azzurro issato sull’albero di poppa e lungo tanti metri quanto erano i nodi di velocità media mantenuti.

Tutti i genovesi si sentivano orgogliosi di quella nave così bella e potente. Guardai in alto verso la plancia della nave e vidi il coraggioso capitano Tarabotto, elegantissimo nella sua divisa. Egli ci salutava e ci riempiva di entusiasmo. Se per i turisti il REX era solo una bella nave, per me il REX rappresentava tutti i Genovesi, rappresentava Genova…rappresentava tutta l’Italia!” disse con un tono pieno di orgoglio come mai era successo prima. “Guardi, sono sensazioni che può comprendere solo chi le ha vissute…”

 

Poi all’improvviso Mario si asseriò, congiunse le mani sulle sue gambe e rivolse lo sguardò verso il basso. La sua espressione grave, si trasformò in chiara tristezza. Poi ruppe il silenzio e disse: “Il REX per me era come un figlio. Non ho mai accettato e mai accetterò la sua fine ingloriosa.

Durante la Seconda Guerra Mondiale il REX fu messo in disarmo e nascosto vicino Copodistria.

Era lì indifeso e non era una pericolo. Non capisco perché gli Inglesi e gli Americani si accanirono così tanto nel bombardarlo.

L’unica cosa che mi fa dare un senso al loro gesto è la loro invidia. Gli Inglesi avevano avuto sempre il predominio sui mari e non potevano accettare che finalmente noi Italiani eravamo riusciti a competere con loro. I Tedeschi non fecero nulla per difenderlo, perché anche loro non potevano sopportare il fatto che il REX con il suo nuovo record aveva battuto il primato del BREMEN…..” Mario disse tutto questo con un misto di rancore e tristezza. Sembrava veramente che gli avessero ucciso un figlio e, nonostante fossero passati così tanti anni, pareva non essersi fatto ancora una ragione di questa perdita. Con tono ancor più triste continuò dicendo: “Fui colto da enorme dispiacere quando seppi della sua fine. Il REX era un simbolo, era il nostro orgoglio. Avevamo dimostrato che anche noi Italiani eravamo in grado di costruire un grande transatlantico.

Del REX oggi non rimane più nulla, so solo che si è salvata la campana delle ancore. Il REX sopravvive solo nei miei ricordi ed oggi come oggi sono l’unico a ricordarlo dalla posa della prima lamiera…”




Il REX bombardato più volte dagli aerosiluranti, affonda e brucia inesorabilmente.

 

Così l’anziano Mario concluse e facendo forza sul suo bastone si alzò in piedi. Sembrava quasi che avesse voluto concludere, non tanto perché la fine del REX segnava la fine della storia della nave, ma perché sembrava non gli facesse piacere raccontare quella conclusione ingloriosa che un transatlantico così non meritava.

Lo capivo benissimo e non gli chiesi ulteriori particolari. Il nostro viaggio nel tempo si concluse lì. Avevamo parlato per quasi tre ore, ma sembrava essere stato un tempo più lungo. Mario mi accompagnò gentilmente sino all’uscita e mi invitò a tornare presto, magari per viaggiare ancora una volta a bordo del REX.

 

Mi ritengo fortunato ed orgoglioso ad aver incontrato una grande persona com’è Mario Magonio e spero di cuore di essere riuscito a trasmettervi al meglio tutte le emozioni che questo incontro mi ha regalato.